Non corre buon sangue tra il leader francese Macron e il presidente americano Donald Trump. Ha infatti fatto discutere l’ultima proposta del “Tycoon” di tassare il vino d’importazione, di cui quello francese è il principale segmento di settore, per favorire i prodotti nazionali.
Cosa accadrà se la proposta venisse approvata dal congresso e quali ripercussioni subirebbe il mercato dei vini italiani negli USA?
Il premier americano non è nuovo a colpi di testa e dichiarazioni forti. Dopo la grande minaccia contro la Cina, rivale economica della superpotenza USA, il Tycoon ha oggi un nuovo nemico: il vino francese.
Nonostante, sembra, non beva vino, Donald Trump ha infatti recentemente dichiarato alla celebre rete statunitense CNBC che “Ho sempre preferito i vini americani ai vini francesi. Mi piace il loro aspetto. I vini americani sono fantastici“.
Naturalmente, nelle parole del presidente non c’è solo del sano e semplice campanilismo, dettato dalla sua indole sovranista, ma qualcosa di più. Trump non sembra, infatti, aver gradito molto l’accisa sui prodotti esteri in vendita online istituita dal Ministro del’Economia francese Bruno Mayor.
Un argomento, sembra discusso dal presidente americano con lo stesso Macron, durante una telefonata informale in vista del vertice del G7 dell’Agosto scorso. Proprio il G7 avrebbe dovuto rappresentare un’ottima occasione per una amichevole e definitiva risoluzione dell’attrito. Ma dai due fronti non sembrano, per ora, arrivare notizie in merito. Né buone, né cattive.
Accise sul vino francese: quali conseguenze per i vini italiani?
La possibile accisa sul vino francese stabilita da Trump ha anche un nome: imposta GAFA, acronimo di Google, Apple, Facebook e Amazon. Proprio queste, nello specifico, saranno le principali piattaforme interessate dalla tassazione, che prevede una provvigione maggiorata sulla vendita di vini online e, più in generale, prodotti enogastronomici non americani.
L’accisa, ideata per contrastare l’importazione di vino francese a danno dei produttori americani, si estenderebbe a macchia d’olio tutti gli altri Paesi, come la Francia, interessati da un ampio mercato negli Stati Uniti. Tra questi l’Italia, i cui numeri di esportazione di vini negli States continuano a registrare cifre in costante ascesa, specie per quanto concerne i bianchi e le bollicine.
Un aspetto da non sottovalutare, quindi, che se dovesse entrare in vigore potrebbe seriamente compromettere il mercato statunitense, già saturo e di difficile acquisizione, favorendo però allo stesso tempo quello di nazioni limitrofe, come Canada e Sud America.
Ad accendere la miccia, secondo il consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow, sarebbe stata la decisione dell’Eliseo di istituire prima di tutti una tassazione sulla vendita online di prodotti di importazione.
“Un errore molto, molto grande” – aveva dichiarato – “di cui non siamo affatto contenti. Se la Francia ha deciso di portare avanti la sua politica, istituendo una specifica imposta sul digitale, provvederemo a salvaguardare i produttori americani da questa discriminazione”.
Ed è lo stesso presidente ad aggiungere “Il vino francese è noto per essere “molto buono”. Ma i coltivatori americani si lamentano di come stia entrando nel nostro territorio pagando quasi nulla. Questo non è giusto, faremo qualcosa in merito“.
Detto fatto, con questa nuova proposta di legge che, salvo rettifiche da parte del presidente francese, dovrebbe entrare in vigore già nel 2020.
Esportare vino negli USA: i numeri del vino italiano
Il mercato americano è sempre più interessato ai vini italiani (sai quali preferiscono?) cresciuti esponenzialmente di un notevole +4% nel solo 2018. Gli Stati Uniti si affermano il primo Paese per esportazione di vino italiano, con un giro d’affari di 1,9 miliardi di dollari, per 3,4 milioni di ettolitri.
Guidano la cordata i rossi toscani, seguiti dai vini frizzanti e spumanti, grande rivelazione italiana degli ultimi anni. Un successo ancora secondario rispetto ai dati di importazione francese, nettamente superiori rispetto ad altri Paesi come Italia, Australia e Cile.
Se la proposta di Trump dovesse andare in porto, con l’approvazione definitiva dell’imposta GAFA, ad essere penalizzati saranno, molto probabilmente, tutti gli importatori esteri, con conseguente guadagno di terreno da parte delle cantine californiane e statunitensi in genere.
Fino ad ora non è dato sapere se l’intervento del G7 sia stato risolutivo per la definitiva abolizione della proposta. Toccherà attendere ancora un po’ e, nel frattempo, capire se sia il caso di iniziare ad improntare nuove strategie di vendita su altri Paesi.