News 29 | 06 | 2020

In Italia sale il consumo, ma cala il prezzo medio a bottiglia, mentre nel resto del mondo i vini italiani tengono grazie a fattori inaspettati. Trend di settore dopo i primi mesi di emergenza.


Primo semestre di performance per il vino italiano in questo 2020 iniziato non proprio nel migliore dei modi. Ma la buona notizia c’è, ed è che, nonostante la pandemia, i numeri del vino italiano dei primi mesi 2020 non solo non chiudono in negativo, ma guadagnano anche qualche ambito e soddisfacente punto in percentuale in termini di export.

Crescita registrata sia per volume (+6%, toccando quota 5,1 milioni di ettolitri), sia in valore, con un +5% che sfiora quota 1,5 miliardi di euro.

Si tratta di dati in fase di assestamento, che la stessa Unione Italiana Vini, che li ha raccolti e diffusi, invita ad inquadrare in un contesto più ampio. Non sono il Covid-19 a scombussolare il mercato, con il crollo del mercato asiatico, ma anche l’ingerenza del presidente americano Donald Trump con la sua proposta di nuove tassazioni sul vino di importazione ha pesantemente condizionato il mercato.

Un fattore tutt’altro che secondario in quanto, con la momentanea paralisi del mercato asiatico, gli USA sono divenuti, di fatto, il primo Paese Target per il vino italiano, staccando di diversi punti le altre piazze.

Schizofrenico il quadro degli spumanti italiani, determinato da un incremento dei volumi di vendita e drastica discesa di valore, con prezzi medi in calo anche del 14%. Regge il Prosecco in USA (+12%), Francia, Canada e Nord Europa, scendendo solo a Londra del -6%.

Scende la fascia prezzo dei vini italiani acquistati online, con l’ingresso nel canale del grande pubblico nei mesi del lockdown, che ha spostato le conversioni su etichette più consumer. Cresce, infine, la digitalizzazione delle cantine, con un numero sempre maggiore di produttori impegnati nella ricerca di importatori online.

Export di vino italiano: cresce negli USA, ma…

Le ottime performance del vino italiano negli States registrate nel gennaio scorso hanno fatto drizzare le antenne ai più. Le prestazioni più interessanti hanno riguardato vini di fascia alta e a denominazione protetta. A salire sul podio i DOP piemontesi, con un +8%, quelli veneti, con un +16% e i toscani, con un +20%.

Cifre che vanno, però, necessariamente contestualizzate con lo sviluppo degli eventi che hanno portato molti operatori a cercare approvvigionamenti immediati a seguito delle dichiarazioni del presidente USA. La paura di possibili nuove tassazioni sui prodotti di importazione, infatti, ha di fatto scatenato una “corsa all’oro” con risvolti certamente positivi per i vini del Bel Paese, ma anche di breve durata.

Il +10% in valore registrato dai vini italiani nel primo trimestre 2020 si è, difatti, subito ridimensionato in un -3% sui volumi, trovando un suo equilibrio. Un buon risultato, certo, anche frutto di oculate strategie che hanno saputo rilanciare pochissimo tempo dopo le spaventose dichiarazioni di Trump, non a caso proprio dai vini che hanno poi registrato le prestazioni migliori.

Vino italiano e Coronavirus: stessa dinamica anche per il mercato tedesco

Dopo gli USA, la corsa agli approvvigionamenti è scattata anche in Germania con l’annuncio della chiusura delle frontiere. La paura di un blocco totale ha determinato un +23% sul volume di vendita da parte degli imbottigliatori teutonici, spaventati dalla possibilità di veder bloccate le autocisterne al Brennero.

Un segmento che, in pratica, ha “salvato” le prestazioni del vino italiano in Europa nel primo trimestre 2020, senza il quale sarebbero andate in rosso.

Paralisi sul mercato asiatico, ma la ripresa è alle porte

Crollati dall’inizio dell’emergenza i numeri dei mercati asiatici. Non solo in Cina: a chiudere in rosso i primi messi dell’anno sono anche i dati export di Corea del Sud e Giappone. Uno stop che, naturalmente, non ha interessato solo l’Italia, ma anche gli altri importanti attori del wine export cinese, come Francia, Australia, Cile e Spagna.

Scende quasi della metà il volume di esportazione di bianchi fermi e frizzanti (-44%), facendo crollare le stime di valore del 40%. Risultati pessimi in Corea del Sud e Giappone, con Tokyo che solo fino a qualche mese prima rappresentava una delle destinazioni più ambite del vino italiano.

HoReCa e consumi nazionali: e-commerce cresce, ma non basta

Su scala europea salgono le quotazioni dei rossi che, rispetto allo scorso anno, registrano un +30% (0,71 centesimi medi a litro). In Italia, il blocco del canale HoReCa ha determinato un fortissimo disagio per i produttori nello smaltimento delle precedenti annate.

Il prodotto 2019 inizia a vendersi con consistente ritardo e sembra ormai ovvio come sarà impossibile smaltire i circa 43 milioni di ettolitri ancora in magazzino al 1 giugno entro la prossima vendemmia. Un fattore che condizionerà ovviamente i mercati, con esuberi sui canali nazionali e internazionali che certamente avranno ripercussioni sui listini.

Altalenanti le performance dell’e-commerce, schizzato alle stelle nel periodo di lockdown ma subito ridimensionatosi a seguito della riapertura. A generare guadagni maggiori i grandi marketpace di settore, con numeri però assolutamente irrisori rispetto alle necessità dei produttori.

Se vuoi vendere i tuoi vini la soluzione è ancora l’export

La stabilità del settore enoico italiano nei mesi caldi dell’emergenza ha dimostrato, qual ora ce ne fosse bisogno, tutto il suo potenziale su scala locale e globale. Altri settori, a cominciare dall’alimentare e da quello del tabacco, non sembrano aver retto altrettanto bene, perdendo complessivamente un considerevole 29% dall’inizio dell’emergenza.

Nonostante le ottime performance, però, ci si aspetta un autunno caldo. Gli effetti della pandemia stanno, infatti, iniziando a farsi sentire, ed è probabile che le tribolazioni di questo 2020 non siano affatto terminate.

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