Il rapporto ISTAT sui primi 10 mesi di esportazioni 2020 ha svelato più o meno ciò di cui già avevamo preso coscienza alla fine dello scorso anno. Il vino italiano ha saputo reggere meglio di altri l’impatto con l’emergenza sanitaria, perdendo fisiologicamente qualcosa, ma molto meno rispetto ai suoi principali competitor (Francia e Spagna in primis).
È accaduto in Europa, dove le spedizioni all’estero sono cresciute in Germania, ma diminuite in Gran Bretagna, negli USA, dove la flessione è stata maggiore (-5,5%, 1,21 miliardi in meno in valore) e in Cina, dove le transazioni sono completamente crollate dall’inizio della Pandemia.
Meglio in Svizzera, Austria e, soprattutto, Russia, dove l’italian wine è ormai titolare del 30% del vino importato nel Paese. Un quadro in negativo, ma dove tutto sommato il vino italiano perde complessivamente solo poco meno del 3,5%, chiudendo ad ottobre a 5,11 miliardi in valore (contro i 5,29 dell’anno precedente). Molto, ma se paragonato al buco da 17 miliardi in meno del vino francese guadagnato dall’inizio del 2020, il deficit italiano appare subito ridimensionato.
Ma tra Brexit, nuove serrate alle attività, variazioni agli adempimenti doganali molte cose sono già iniziate a cambiare all’inizio del 2021. Eccole in dettaglio.
Wine Export USA: a che punto è il vino italiano negli Stati Uniti
L’uscita di scena di Donald Trump ha innegabilmente generato un sospiro di sollievo da parte di moltissimi operatori di settore (circa 25.000, per essere precisi). La speranza è adesso che il neo presidente Biden possa rivedere il piano doganale avviato dal suo predecessore che, in sostanza, aveva pesantemente penalizzato Paesi come la Francia e i suoi vini.
A risentire degli effetti dei deal sono stati in particolar modo vini nobili e di lusso, come gli champagne e i rossi di Borgogna, che in poco meno di un anno si sono visti sottrarre il 17% del mercato praticamente sotto gli occhi. Vani gli appelli, gli scongiuri e le iniziative a sostegno dell’export: l’amministrazione Trump ha scelto di procedere per la sua strada che, fortunatamente, non è riuscita ad incrociare – prima della fine del mandato – quella del vino italiano, alle prese con l’insorgere dell’emergenza. Proprio gli Stati Uniti rappresentano il terreno di gioco sul quale l’Italia del vino ha perso di più: 1,21 miliardi di euro.
Un dato condizionato anche dalla forte competizione da sempre presente sul mercato americano, che con l’inasprimento delle difficoltà dettate da nuovi deal ed emergenza sanitaria ha sicuramente stretto il cappio attorno a piccoli produttori/importatori, non a caso i più colpiti nel corso dello scorso anno.
Vendere vino in Cina: primi segnali di ripartenza?
Nei primi dieci mesi del 2020, Pechino è uscita dalla top ten delle destinazioni export per il vino italiano, classificandosi addirittura dopo Austria e Paesi Bassi, con soli 70 milioni di euro di utili. Un vero dramma, ma che non poteva concludersi altrimenti per il primo Paese al mondo a subire gli effetti della Pandemia, tra chiusure totali, imprevisti e assolutamente nessun preavviso del disastro.
Un deficit che per l’Italia rappresenta un -28% in esportazioni nel Paese, per un giro d’affari notevole che ha coinvolto anche altre nazioni asiatiche. Tra queste il Giappone, che segue a ruota la Cina con -18% in importazioni di vino italiano, circa 126 milioni di euro in meno.
Tuttavia, segnali di ripartenza iniziano ad intravedersi. Le politiche del Presidente Jinping sembrano determinate a favorire l’ingresso di player e stakeholder occidentali anche per trasmettere l’idea di una ripresa dei consumi anche attraverso la circolazione di beni di lusso come il vino.
Il recente stop al vino Australiano, conseguente alle variazioni doganali approvate per contrastare il fenomeno del dumping, hanno di certo favorito altri importanti player sulla piazza, come Italia e Francia, a discapito di Camberra, che a cavallo tra il 2020 e il 2021 ha già perso il 98% delle vendite di vino nel Paese.
Vino italiano in Russia: una rivoluzione per il 2021?
La Russia è certamente tra i Paesi Terzi attualmente più interessanti per il vino italiano. Nonostante le transazioni siano ancora ampiamente sotto gli standard statunitensi o cinesi, la Russia è oggi protagonista di una vera rivoluzione che vede al centro le cantine italiane. Non a caso, nel dramma della crisi sanitaria, l’export di vini italiani in Russia è riuscito a mantenersi stabile rispetto al 2019, con un valore da 100 milioni di euro.
Ad oggi, il vino italiano, guida la maggiore fetta di mercato nel Paese, rivestendo circa il 30% dei vini di importazione sulla piazza. Il maggior legame è quello con il settore della ristorazione e si concentra su rossi invecchiati, di buon corpo e ben strutturati. Un mercato da costruire e che, nel corso dei prossimi anni, potrebbe regalare molte soddisfazioni.
Segnali in positivo: dove va meglio l’export di vino italiano?
Oltre alla Russia, chiudono in positivo anche Austria, Svezia (153 milioni di euro, +2,7%), Germania e Norvegia (+9,9%, 97 milioni di euro) e in pari, che nel 2020 rappresenta certamente un successo, Svizzera e Canada. Il vino italiano è protagonista nella mitteleuropa, che sempre di più guarda al Bel Paese come al cuore enologico del vecchio continente.
Perde terreno il Prosecco, che scende ai livelli del 2015: perfetta metafora di un anno in cui vi è stato davvero poco da festeggiare.
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