News 19 | 07 | 2019

Con un giro d’affari del valore di 62,7 miliardi di dollari, gli Stati Uniti si attestano universalmente come il Paese con il maggior consumo di vino al mondo. Nel 2017, l’importazione di prodotti provenienti da altri Paesi ha generato un fatturato di 20,9 miliardi, con l’Italia tra le capofila delle nazioni trainanti per incremento di esportazioni.

Tutto merito di un marchio, quello del Made In Italy, in grado di valorizzare i prodotti non solo nel settore enoico, ma anche in quello gastronomico e della moda. Con il grande incremento della produzione di vini californiani, risultato di anni di investimenti nel territorio e delle politiche sovraniste del Presidente Donald Trump, il mercato statunitense, però, conta oggi molte più zone commercialmente sature rispetto al passato.

Un aspetto che ha di fatto determinato l’esclusione dai principali mercati americani, come quello dell’area di New York e, appunto, della California del sud da parte delle aziende estere. Un cambio di rotta, che vede gli importatori concentrarsi oggi su mercati più piccoli, meno proficui dal punto di vista economico ma allo stesso tempo dettati da minore concorrenza.

L’apertura di un nuovo mercato richiede un lungo periodo di gestazione, solitamente non inferiore a 3 anni. Tanto è necessario per iniziare a studiare i mercati, capire in quali investire, posizionarsi e trovare i giusti canali, iniziando a generare fatturato.

Pertanto, se sei interessato ad investire per l’apertura di un nuovo mercato negli Stati Uniti per vendere i tuoi vini all’estero ecco qualche informazione utile per iniziare ad improntare la tua nuova strategia.

Ricorda che questo tipo di investimento è coperto dai bandi regionali OCM Vino Paesi Terzi. Per non perderne l’uscita, iscriviti alla newsletter di OCMvino.it: il portale interamente dedicato ai fondi OCM Vino, che ti guida alla scoperta delle novità e dei trend del mercato!

Esportare vino negli Stati Uniti: certificati, normative e leggi

Per vendere vino negli Stati Uniti a norma di legge è necessario rispettare alcuni dei più consueti aspetti che regolamentano trasporto e passaggi doganali di questo prodotto.

Il primo è quello di presentare regolare Fattura Export non imponibile, in fede all’articolo n. 8 del DPR n. 633 72, comma a, b o c a seconda del tipo di consegna. La fattura dovrà contenere le seguenti voci:

  • Paese di origine e porto di ingresso negli USA;
  • Dati identificativi di venditore e acquirente;
  • Descrizione dei beni,
  • Quantità, espressa in pesi e misure;

Per beni consegnati ma non destinati alla vendita dovrà comunque essere indicato il prezzo di mercato. La Fattura Export va compilata in lingua inglese, o comunque con traduzione a fronte.

Eventuali inadempienze di questi obblighi saranno soggetti a indagine da parte delle autorità doganali, con il possibile sviluppo di ritardi nella consegna dei prodotti e addebiti.

La dichiarazione doganale andrà redatta sulla base della dicitura DAU EX1, dichiarazione di esportazione definitiva dall’Unione Europea, emesso dall’omonima dogana.

In base all’accordo enologico stipulato tra USA e Unione Europea, e attualmente vigente, le uve naturali che contengano tra 0,5 e 22% di alcol per volume non hanno obbligo di certificazione. Ciò accade invece per le uve contenenti più del 22% di alcol per volume, che necessitano di speciale certificazione da inserire nel cosiddetto “Packing List”.

Il certificate richiesto per tali vini è consultabile sul sito dell’International Trade Division (ITD) del Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau (TTB).

La certificazione si compone, in sostanza, di una dichiarazione rilasciata dall’autorità del Paese di produzione, o anche auto certificata(ma solo qualora l’importatore sia proprietario di una cantina vinicola negli USA conforme agli standard del Federal Alcohol Administration Act), comprensiva dei risultati di laboratorio del vino.

Esportare vino negli Stati Uniti: altre informazioni utili

Con Decreto del 2006, è stato abolito l’obbligo di presentare il marchio INE sulle etichette di vino italiano destinato ai mercati nord americani. Etichettatura e retro etichettatura del vino dovranno comunque essere conformi agli standard USA, riportando informazioni in lingua.

Sarà inoltre indispensabile affidarsi ad un export manager in possesso di autorizzazioni per il commercio di alcolici e di speciali permessi all’importazione di prodotti negli Stati Uniti, come l’Entry Manifest o altra documentazione eventualmente richiesta dalle dogane statunitensi

A carico dello spedizioniere sono previsti vari documenti come:

  • Advance Declaration of Air Cargo or Vessel;
  • Entry/Immediate Delivery;
  • Customs Bond, Delivery Ticket;
  • Transportation Entry

Infine, per la vendita di vino negli Stati Uniti, sarà necessaria la registrazione a carico sia dell’esportatore che dell’importatore al BioTerrorism Act. Un certificato recentemente abolito in altri mercati, come quello cinese. L’iscrizione al documento è possibile su internet presso il sito della Food and Drugs Administration a questo indirizzo o tramite mail / fax compilando il modello PDF richiedibile sul portale dell’ente.

Esportare vino negli Stati Uniti: spedizione di campioni o bottiglie omaggio

Le leggi doganali americane consentono l’invio di campioni di bevande alcoliche, anche senza etichetta registrata o nome dell’importatore USA, per la partecipazione a fiere o eventi di degustazione.

Tuttavia, il produttore deve premunirsi di regolare “COLA Waiver”, che permetta l’invio di una lettera su carta intestata, contenente informazioni sulla quantità del campionario, la tipologia prodotti, nome dell’evento/fiera e numero della licenza di importazione alcolici dell’operatore americano destinatario delle bottiglie.

La lettera dovrà essere inoltrata al TTB (Alcohol Taxation & Trade Bureau), sul cui portale è disponibile un fac-simile da compilare. Anche per l’invio di campioni è obbligatorio la registrazione FDA contro il bioterrorismo, e un’attenta etichettatura che riporti:

  • Dicitura “Government Warning” apposta sulla bottiglia;
  • Dicitura “Samples For Tasting Only – Not For Sale”;
  • Dicitura “Contains Sulfites”, qualora li contenga;
  • Nome e indirizzo dell’importatore;
  • Numero di licenza d’importazione dell’importatore.

Sarà l’importatore a farsi carico di eventuali spese e dazi doganali.

Vuoi esportare vino negli Stati Uniti? Fallo con gli OCM Vino Paesi Terzi!

Con lo speciale bando OCM Vino Paesi Terzi puoi beneficiare della possibilità di una copertura al 50% delle spese utili all’apertura di nuovi mercati esteri in Paesi extra UE.

Il bando comprende attività come:

  • Realizzazione o restyling di sito web aziendale comprensivo di portale e.commerce in lingua;
  • Partecipazione o organizzazione di fiere / eventi legati al vino nei Paesi target;
  • Produzione di materiale pubblicitario e cataloghi in lingua per promozione prodotti;
  • Copertura spese di mediazione linguistica e traduzione.

Non farti sfuggire questa occasione: i finanziamenti OCM Vino rappresentano una grande opportunità per le cantine vinicole italiane e un concreto incentivo per l’incremento di fatturato del vino italiano nel mondo.

Non perderti gli aggiornamenti sull'ocm vino

Pin It on Pinterest

Share This