Tra i vari terremoti che hanno fatto tremare i mercati internazionali nel 2020, quello della possibile applicazioni di nuovi dazi sui prodotti di importazioni dovuto all’uscita del Regno Unito dall’Europa è stato solo l’ultimo in ordine di tempo. Una preoccupazione legittima, iniziata già mesi prima dell’emergenza sanitaria dello scorso febbraio e che, a seguito di quest’ultima, è passata un po’ in secondo piano nei mesi più caldi della Pandemia.
Sul finire dell’anno, però, la sigla dell’accordo tra il governo Johnson e la Commissione UE ha riportato l’argomento in cima alle liste di importatori e distributori del vecchio continente. L’approvazione della cosiddetta digital tax ha, di fatto, creato non pochi timori per gli addetti ai lavori da entrambe le sponde della Manica. Per il momento i pericoli maggiori dovuti alla possibile applicazione di nuovi deal sembrerebbero scongiurati, anche se è ancora presto per cantare vittoria.
Brexit e vino italiano: a che punto siamo
La trattativa necessaria a definire i rapporti commerciali tra Paesi dell’Unione e UK, una volta che quest’ultimo sarà ufficialmente fuori dai confini europei, dura ormai da quattro anni. Le preoccupazioni maggiori, per ciò che concerne l’Italia, ma anche la Francia, riguardano ovviamente le filiere enogastronomiche che in questi anni sono riuscite a ritagliarsi una posizione di rilievo sul mercato britannico.
Il segmento dei vini, in particolare, ricopre un ruolo strategico essenziale, con il Regno Unito che nel 2019 ha saputo generare valore per oltre 700 milioni di euro (8% dell’export nazionale). Un dato che, nonostante sia stato pesantemente compromesso dall’avvento della Pandemia con quasi 250 milioni di euro in meno nell’anno appena trascorso, rappresenta ancora un segmento interessante per i produttori italiani. Come quelli del Montepulciano d’Abruzzo, che ha raddoppiato in appena tre anni le esportazioni in Gran Bretagna, ma anche di altri importanti vini nazionali – come il Prosecco e l’Amarone – che vedono nel Regno Unito un importante polo di approdo.
La difficile condizione dettata dai lockdown, con il blocco alla ristorazione e la comparsa dell’ormai nota “variante inglese” del virus ha, ovviamente, destabilizzato il mercato, che per il Bel Paese si mantiene, però, ancora stabile e assolutamente proficuo. Allo stesso modo, l’export di vini italiani rappresenta un business fondamentale per moltissimi importatori britannici, altrettanto preoccupati per la possibile applicazione di futuri deal.
Wine export e Brexit: cosa cambia per il vino italiano
Congelata, per il momento, la questione doganale, con la sospensione temporanea nei prossimi due anni ai nuovi protocolli di etichettatura. Fino al 30 settembre 2022, infatti, i produttori italiani e internazionali potranno continuare a commercializzare i propri vini riportando in etichetta nome e indirizzo del Paese di provenienza.
Dal 1 ottobre 2022, però, la prassi cambierà e sarà obbligatorio inserire in etichetta informazioni relative a nome, importatore o imbottigliatore (nel caso di vini sfusi) di distributori situati in UK. Un obbligo valido per tutti i Paesi del Regno Unito, cioè Inghilterra, Scozia, Galles, ma non per l’Irlanda del Nord.
A questo, potrebbero aggiungersi nuovi adempimenti doganali, come la reintroduzione di tasse e burocrazia necessarie al controllo delle merci in transito. Il tutto con ovvie ripercussioni in termini – non solo – di tempistiche, ma anche di spese.
La Gran Bretagna diventa un Paese Terzo: nuove opportunità per l’export
L’ingresso ufficiale del Regno Unito tra i Paesi Terzi extra-UE apre, però, le porte anche ad una buona notizia: la possibilità di inserire l’export in UK tra le attività finanziate da contributi come l’Ocm Vino.
Un’opportunità interessante, in quanto riguarda una nazione, come già accade per la Svizzera, culturalmente e geograficamente vicina, con rapporti commerciali avviati e solidi e, soprattutto, già “esplorata” in termini di scouting e canali di vendita. In sostanza, l’export verso il Regno Unito diventerà presto finanziabile attraverso le misure previste dall’UE.
Un vantaggio non da poco, per il quale è bene iniziare a prepararsi. Noi di OcmVino.it siamo pronti a guidare la tua azienda nell’acquisizione di contributi per la vendita di vino in UK. Grazie all’esperienza decennale maturata nello sviluppo di progetti a sostegno dell’export di vino italiano nel mondo, siamo oggi leader in Italia nella consulenza e gestione di fondi Ocm Vino.
Se il tuo obiettivo è vendere vino all’estero, contattaci per maggiori informazioni sui nostri servizi e iscriviti alla newsletter di OcmVino.it per ricevere, solo quando serve davvero, novità e informazioni interessanti su bandi e opportunità di settore.
desidero vendere vino all estero
Salve e grazie per averci scritto.
Le consigliamo di contattare Elledue (www.elle-due.it) un’azienda che si occupa solo di export di vino, molto affidabile.
In alternativa guardi Wine Business Hub (www.winebusinesshub.it)